Soppressione promozioni premiali

Sulla soppressione delle promozioni degli Ufficiali delle FF.AA. connesse alla cessazione dal s.p.e.

  L’art.1, comma 258, della legge 23.12.2014, n.190 (Legge di stabilità 2015) ha disposto, con effetto dal 1° gennaio 2015, che: “Sono abrogati gli articoli 1076 (1), 1077, 1082 (2) e 1083 (3) del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n.66, e successive modificazioni, e l’articolo 1, comma 260, della legge 23 dicembre 2005, n.266

  Di conseguenza: “a far data dal 1° gennaio 2015, non sarà più prevista l’attribuzione di qualsivoglia promozione al grado superiore in connessione con le cessazioni dal servizio permanente a qualunque titolo disposte” (v. Circolare Ministero Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, M_D GMIL 0044208 27-01-2015).

  Esaminato sotto il profilo della decorrenza temporale e, quindi, con riguardo alla disparità di trattamento creata tra coloro che sono cessati dal servizio prima del 31.12.2014 e coloro che sono cessati e cesseranno dopo, l’intervento abrogativo risulta difficilmente contrastabile.

  La Corte Costituzionale, infatti, ha più volte affermato che, se non affetto, come nel caso non pare affetto, da manifesta arbitrarietà intrinseca, il criterio di discrimine nell’applicazione di diverse discipline normative basato su dati cronologici non può dirsi fonte di ingiustificata disparità di trattamento, poiché lo stesso naturale fluire del tempo è valido elemento diversificatore delle situazioni giuridiche.

  Analoga conclusione sembra doversi trarre rispetto ad un possibile rilievo circa l’assenza di una disciplina transitoria.

  La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha chiarito che il legislatore gode di ampia discrezionalità al riguardo, con l’unico limite della ragionevolezza. Limite, che, nel caso e per questo aspetto, non pare essere stato valicato, dato che una disciplina transitoria ben difficilmente avrebbe potuto evitare che disparità di trattamento, quali quelle prodotte dalla norma in esame, avessero comunque a prodursi, sia pure in un diverso e successivo momento del tempo e, dunque, con una variazione solo dei soggetti pregiudicati, come tale, irrilevante.

  Esaminata sotto il profilo della rispondenza al fine perseguito, invece, la norma in discorso rivela una certa incongruenza –  certamente, per quanto riguarda la posizione degli Ufficiali delle FF.AA. –, che la espone ad un più solido rilievo di irragionevolezza.

  Come suggerisce la collocazione all’interno del testo della legge n.190/2015 e, comunque, come emerge dalla Relazione di accompagnamento, l’intento perseguito dal legislatore con il comma 258 dell’art.1 sembra essere stato solo quello di attuare dei risparmi di spesa, che la Relazione ha anche quantificato.

  Sennonché, per quanto concerne gli Ufficiali delle FF.AA., l’abrogazione di “qualsivoglia promozione al grado superiore in connessione con le cessazioni dal servizio permanente”, mentre produce effetti economici sul trattamento di buonuscita e di pensione per i gradi di Generale di Divisione e di Brigata e corrispondenti (impedendo la promozione, rispettivamente, a Generale di Corpo d’Armata e di Divisione e corrispondenti), non ha invece alcun effetto economico e, dunque, non produce alcun risparmio di spesa sino al grado di Colonnello e corrispondenti, in ragione della persistente vigenza del noto meccanismo della omogeneizzazione stipendiale, di cui all’art.1802 del c.o.m. Del che, dà atto espressamente la sopra menzionata Relazione di accompagnamento.

  Ora, come chiarito ancora dalla Corte Costituzionale, se è vero che non è interdetto al legislatore emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata e che quindi la posizione giuridica, che dà luogo ad un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un dato assetto regolatorio, ben può essere incisa in senso peggiorativo, è altrettanto vero, tuttavia, che la nuova disciplina deve rispondere ad un interesse pubblico e non deve trasmodare in un regolamento irrazionale ed irrispettoso del limite della proporzionalità della incisione di situazioni sostanziali, fondate su leggi precedenti, rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti.

  Il principio di ragionevolezza, di cui all’art.3 Cost., pone infatti un limite al potere discrezionale del legislatore, impedendone l’esercizio arbitrario, ed esige che le disposizioni che ne scaturiscono siano adeguate e congruenti rispetto al fine che si prefigge.

  Dunque, viola il principio di ragionevolezza una nuova disciplina che risulti in contraddizione con il pubblico interesse perseguito.

  Nel caso, l’abrogazione di “qualsivoglia promozione al grado superiore in connessione con le cessazioni dal servizio permanente” per gli Ufficiali delle Forze Armate fino al grado di Colonnello e corrispondenti non è in alcun modo funzionale al fine di risparmio ricercato e così dichiaratamente non attinto.

  Di conseguenza, la soppressione dell’assetto regolatorio previgente risulta inutilmente e, per ciò, irragionevolmente lesiva della posizione giuridica di quanti facevano affidamento sulla persistente vigenza degli istituti in parola, tutti ispirati ad un fine premiale che per decenni è stato ritenuto meritevole di considerazione e di riconoscimento, al punto che il Parlamento, subito dopo l’abrogazione, ne ha preso in esame la reintroduzione in qualche forma.

  In conclusione, l’art.1, comma 258, della legge n.190/2014 si espone, semmai, e sarebbe  contrastabile, quindi,  sotto l’evidenziato profilo di irragionevolezza, ovvero in quanto, senza alcun beneficio per l’interesse pubblico perseguito (risparmio), incide sfavorevolmente su consolidate aspettative degli Ufficiali delle Forze Armate fino al grado di Colonnello ed equivalenti.

  Naturalmente, stante il rango di legge della norma in questione, solo il “Giudice delle leggi”, ovvero la Consulta, potrebbe rimuoverla dall’ordinamento, se investito in via incidentale dell’esame della relativa questione di illegittimità costituzionale.

Studio legale Coronas

Aggiornamento 

  Prevenendo l’insorgere del contenzioso derivante dall’irragionevole abrogazione delle disposizioni sopra esaminate, l’art.1, comma 1, lett. l, del D.Lgs. 29.05.2017, n.94 (recante “Disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge 31 dicembre 2012, n.244“) ha inserito nel C.O.M. l’art.1084-bis (intitolato “Promozione a titolo onorifico per il personale militare che cessa dal servizio“), il quale stabilisce che: “1. A decorrere dal 1° gennaio 2015, ai militari in servizio permanente che nell’ultimo quinquennio hanno prestato servizio senza demerito è attribuita la promozione ad anzianità al grado superiore a decorrere dal giorno successivo alla cessazione dal servizio conseguita al raggiungimento del limite di età, al collocamento a domanda in ausiliaria o riserva nei casi previsti dalla legislazione vigente, a infermità o a decesso dipendenti da causa di servizio, ovvero in caso di rinuncia al transito per infermità nell’impiego civile, di cui all’articolo 923, comma 1, lettera m-bis), se l’infermità risulta dipendente da causa di servizio. Le disposizioni di cui al presente comma non producono effetti sul trattamento economico, previdenziale e pensionistico nonché sul trattamento di ausiliaria del personale interessato. 2. La promozione di cui al comma 1 è esclusa per i militari destinatari della promozione di cui all’articolo 1084 nonché per gli ufficiali che rivestono il grado di generale di corpo d’armata e gradi corrispondenti e per i marescialli, sergenti e graduati che rivestono il grado apicale del ruolo di appartenenza“.